Legittimazione attiva alla luce della pronuncia della Suprema Corte di Cassazione del 14 maggio 2024 n. 13289 del Prof. Avv. Francesco Curti

Per la trattazione dell’argomento reputato doveroso premettere come negli ultimi anni, Dottrina e Giurisprudenza (di merito e di legittimità) si siano particolarmente interessate alla questione, giungendo ad affermare molto spesso tutto ed il contrario tutto.

Ad oggi, mi permetto di rilevare come la querelle sul tema della legittimazione attiva dei cessionari, abbia condotto alla creazione della dicotomia, non sempre chiara, tra prova della effettiva conclusione del contratto di cessione e prova dell’inclusione del singolo credito nel negozio concluso tra cedente e cessionario, come avvalorato anche dal Consigliere di Cassazione, Dott. Salvatore Saija, durante il convegno di Roma dell’Associazione T6 del 20 maggio scorso.

Detta bipartizione è stata ribadita, da ultimo, dalle pronunce della Suprema Corte di Cassazione n. 3405 del 06 febbraio 2024 e n. 17944 del 22 giugno 2023. Con le stesse è stato espressamente confermato come, la necessarietà di fornire la prova della conclusione del contratto di cessione sia imprescindibile esclusivamente in caso di espressa contestazione, talché, In tema di cessione di crediti in blocco ex art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ove il debitore ceduto contesti l’esistenza dei contratti, ai fini della relativa prova non è sufficiente quella della notificazione della detta cessione, neppure se avvenuta mediante avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ai sensi dell’art. 58 del citato d.lgs., dovendo il giudice procedere ad un accertamento complessivo delle risultanze di fatto, nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, specialmente allorquando avvenuta su iniziativa della parte cedente ed ancora: in mancanza di contestazioni specificamente dirette a negare l’esistenza del contratto di cessione, quest’ultimo non deve essere affatto dimostrato (in quanto i fatti non contestati devono considerarsi al difuori del cd. Thema probandum): il fatto da provare ècostituito soltanto dall’esatta individuazione dell’oggetto della cessione (più precisamente, della esatta corrispondenza tra le caratteristiche del credito contro- verso e quelle che individuano i crediti oggetto della cessione in blocco).

Da ciò, quindi, ne uscirebbe definitivamente consacrato il principio secondo il quale, in caso di contestazione circa la legittimazione attiva del cessionario, il Giudice avrebbe dovuto porre attenzione sulla effettiva portata delle argomentazioni del soggetto passivo dell’obbligazione, così da richiedere nel primo caso la prova della conclusione del contratto e nel secondo la mera prova dell’inclusione del singolo credito controverso nel negozio traslativo.

Chiarita preliminarmente la portata della questione, appare doveroso soffermarsi su quello che viene richiesto al fine di dare prova certa della legittimazione contestata in entrambe le fattispecie.

Quanto alla contestazione inerente la reale conclusione del contratto, proprio la sentenza n. 17944, conformemente a Cass., Sez. VI ord. n. 24798 del 05 novembre 2020, ha ribadito come a) la prova della cessione di un credito non è, di regola, soggetta a particolari vincoli di forma; dunque, la sua esistenza è dimostrabile con qualunque mezzo di prova, anche indiziario, e il relativo accertamento è soggetto alla libera valutazione del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità; b) opera, poi, certamente, in proposito, il principio di non contestazione; c) va, comunque, sempre distinta la questione della prova dell’esistenza della cessione (e, più in generale, della fattispecie traslativa della titolarità del credito) dalla questione della prova deII’incIusione di un determinato credito nel novero di quelli oggetto di una operazione più complessa di cessione di crediti individuabili in blocco ai sensi dell’art. 58 T.U.B..

Il vero tema dell’argomento sarebbe, semmai, chiarire quali documenti possano sopperire alla produzione del contratto di cessione al fine di fornire la prova della cessione. Negli anni, la giurisprudenza di merio ed anche di legittimità ha assunto soluzioni diametralmente oppose, giungendo ad avallare soluzioni di apertura alla possibilità di ricorrere a presunzioni semplici derivanti da elementi univoci e concordanti come l’esistenza di una dichiarazione da parte della cedente, il possesso dei titoli o della documentazione contrattuale e contabile, l’avvio di azioni da parte del dichiarato cessionario, la produzione di documentazione notarile che confermasse l’esistenza del contratto di cessione, la circostanza che la pubblicazione in G.U. della cessione fosse stata eseguita dalla cedente. In altre occasioni, ulteriori pronunce hanno sconfessato tale orientamento esigendo esclusivamente la produzione del contratto di cessione integrale in uno al relativo elenco di crediti ceduti.

Ad oggi, pertanto, ritengo che, nessun giurista possa dare una risposta inoppugnabile sull’argomento se non consigliando sempre, ove possibile, il deposito del contratto traslativo completo degli allegati ed in caso di mancata produzione del medesimo, richiamare l’orientamento presuntivo facendo leva sul principio di libero convincimento del giudice di merito, in assenza di precedenti riconoscimenti impliciti od espliciti della qualità del cessionario.

Questione diversa è invece quella relativa alla prova piena da fornire in sede giudiziale relativamente all’inclusione di uno specifico credito nella cessione.Proprio con la sentenza n. 13289 del 14 maggio 2024, la Cassazione ha ribadito come si sia dunque, affermato che in tema di cessione in blocco dei crediti bancari, è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché sia possibile individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione. Tale orientamento, in fase di consolidamento, è solo successivo alla più recente pronuncia del Supremo Collegio n. 21821 del 20 luglio 2023, con la quale espressamente, a seguito di cassazione con rinvio, è stato precisato testualmente che, in caso di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 TUB, è sufficiente, allo scopo di dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario, la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione, sicché, ove i crediti ceduti sono individuati, oltre che per titolo (capitale, interessi, spese, danni, etc.), in base all’origine entro una certa data ed alla possibilità di qualificare i relativi rapporti come sofferenze in conformità alle istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia, il giudice di merito ha il dovere di verificare se, avuto riguardo alla natura del credito, alla data di origine dello stesso e alle altre caratteristiche del rapporto, quali emergono dalle prove raccolte in giudizio, la pretesa azionata rientri tra quelle trasferite alla cessionaria o sia al contrario annoverabile tra i crediti esclusi dalla cessione.

Per dovere di cronaca, comunque, appare doveroso evidenziare come, nonostante le richiamate recentissime pronunce, i Giudici territoriali fin troppo spesso, si discostano da tali principi, rendendo incerto il lavoro dei Procuratori dei cessionari, ai quali come al Cliente che ha richiesto un mio parere, mi sento modestamente di consigliare, in attesa di un intervento per quanto possibile chiarificatore delle Sezioni Unite, di produrre o comunque chiedere sempre e comunque ai propri assistiti, di fornire contratto di cessione e relativo allegato dell’elenco dei crediti ceduti, con richiesta per quest’ultimo, di indicare i riferimenti numerici riconducibili al singolo rapporto in contestazione. Ove questo non sia stato possibile, di insistere anche nei successivi gradi di giudizio al fine di veder applicati i principi di cui ai paragrafi che precedono.

Prof. Avv. Francesco Curti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *